mappa il pd fabrizio barca

Nota aggiuntiva al Rapporto Conclusivo Mappa il Pd di Roma

Il 19 giugno scorso, alla Festa dell’Unità di Roma, abbiamo presentato il Rapporto conclusivo di Mappa il PD di Roma. Nella settimana successiva, il team è stato a disposizione dei circoli per spiegare i motivi che hanno condotto alle varie valutazioni: complessivamente 35 dei 105 circoli hanno realizzato un confronto dopo la pubblicazione della valutazione e, di questi, 14  hanno redatto un testo pubblico.

Qui, la Nota aggiuntiva (file PDF, 500 Kb) che chiude in via definitiva l’esercizio valutativo del gruppo di Mappa il Pd e che diventa parte integrante del Rapporto stesso.

Le risposte dei Circoli mappati al rapporto #MappailPD

Pubblichiamo in questa pagina le risposte dei circoli mappati al rapporto “Mappa il PD Roma“. Sono dei file PDF, cliccando sul link verranno scaricati sul vostro computer.
I circoli potranno inviare i propri scritti a mappailpd@gmail.com fino alle ore 24 di venerdì 26 giugno.

 

rapporto mappa il pd roma fabrizio barca matteo orfini

I risultati della mappatura dei circoli romani del Partito Democratico

Di seguito i materiali prodotti dal team di MappailPd al termine del lavoro di mappatura dei circoli del Partito democratico di Roma, incarico affidato a Fabrizio Barca e al team dei Luoghi Idea(li) dal Commissario del Pd romano Matteo Orfini a dicembre 2014.

mappa il pd fabrizio barca

Tre mesi di #MappailPd

Roma, 15 marzo 2015
Relazione intermedia

Il Pd romano. Conoscerlo per ripartire

A circa tre mesi dall’inizio del lavoro, il gruppo di MappailPd è a metà della ricognizione. Gli incontri con i circoli del Pd romano hanno finora restituito un panorama solo in parte prevedibile, che fa intravedere  le opportunità e le sfide di un rinnovamento: i dati raccolti tramite questionario e intervista renderanno conto della varietà che va emergendo. Insieme alla relazione, troverete nel blog una mappa  dei circoli visitati e soprattutto delle aree-circolo: un’approssimazione della sfera di responsabilità diretta di ogni circolo territoriale del Pd romano. Un’ipotesi di lavoro che è aperta al contributo dei circoli e alle loro segnalazioni. 

Nella prima settimana di dicembre 2014 il gruppo Luoghi Idea(li) ha accettato l’incarico del Commissario del PD di Roma Matteo Orfini di realizzare una ricognizione profonda, una “mappatura” dei punti di forza e di debolezza dei singoli circoli PD della città di Roma. Della loro capacità di rappresentare i bisogni e le idee dei cittadini, specie della parte più vulnerabile della città; di attrarre giovani e competenze e di sollecitare l’impegno anche dei non iscritti; di adottare metodi nuovi di partecipazione e confronto; di costruire soluzioni da proporre a chi esercita funzioni di governo; di monitorare e sollecitare in modo autonomo l’azione pubblica; di essere organizzati. Ma anche della distanza dai cittadini e dai loro bisogni; della cattura da parte di interessi esterni; di come si costruisce un feudo; in virtù della volontà di controllo di quale area di politica pubblica (e come questo limita, indebolisce e inquina la vita dei circoli); o anche solo della rinunzia a un ruolo autonomo da chi governa; o di ripetizione di riti stanchi, non ospitali, noiosi, o dell’incapacità di organizzarsi.

Il programma di lavoro è stato pubblicato il 26 dicembre 2014. Dopo alcune audizioni preliminari, è stato costituito un gruppo di ricerca composto da 31 persone: oltre al gruppo Luoghi Idea(li), si tratta di ricercatori (e studenti) volontari dell’Università e di altre istituzioni, che hanno lavorato alla costruzione del questionario da sottoporre a 110 circoli territoriali. E’ stata identificata una “perimetrazione di responsabilitàdei circoli territoriali stessi, che abbiamo chiamato area-circolo, e costruito una base dati per descrivere il contesto economico-sociale-demografico-elettorale di ognuna di queste aree. Poi è partita la rilevazione.

Fino a oggi sono stati effettuati oltre 40 incontri in altrettanti circoli (oltre alle 6 “interviste prova” in cui è stato testato il questionario): incontri che hanno come interlocutore il coordinatore e l’intero coordinamento (in media, 15 persone presenti). La verifica e la revisione di coerenza dei dati raccolti è iniziata. L’elaborazione dei risultati e la loro analisi avranno luogo nel mese di maggio, una volta concluso il ciclo di interviste. Gli esiti del lavoro saranno resi pubblici in formato di open data. Potranno dunque essere consultati e usati dal Commissario per le sue valutazioni e determinazioni, da tutti gli iscritti (vecchi e nuovi) come materiale per il Congresso che seguirà, dai cittadini tutti per formarsi un convincimento. Servirà in generale come strumento per quel “confronto aperto, acceso e informato”, che è la condizione per compiere scelte giuste.
Il monitoraggio quotidiano di quello che stiamo facendo si potrà seguire d’ora in poi sulla mappa del sito dove Roma è suddivisa nelle 110 aree-circolo.

I primi segnali: alla ricerca della strada giusta

L’adesione al progetto ha finora segnalato due fatti rilevanti.
La forte risposta di studenti e ricercatori delle diverse Università e istituzioni della città conferma, in primo luogo, l’interesse che il mondo giovanile ha per la “politica” quando questa è ospitale, professionale, aperta. Un partito che – come ha fatto il PD nel caso di Roma – sa affrontare una vicenda grave, investendo le proprie strutture non solo con provvedimenti rigorosi ma anche aprendosi all’analisi e interrogandosi su come riformarsi, attrae l’interesse anche di chi non ne condivide le scelte. E’ un atto di “straordinaria normalità”. È un’occasione per apprendere.

Interessante è poi la reazione all’interno dei circoli. L’iniziale forte sospetto – “si svia sulla base un’indagine che dovrebbe riguardare i vertici” – tipico di un partito che (scottato da pessimi esempi) vede trame ovunque, e la chiusura – “ma cosa vogliono questi professorini?” – figlia dell’autoreferenzialità di comunità chiuse, appaiono scalfiti dalla franchezza dell’indagine. Guadagna consensi l’idea che l’intervista non sia mirata a cercare capri espiatori ma sia davvero volta a identificare, circolo per circolo, l’“idea (o idee) di partito” che quel circolo interpreta. La presenza di un “soggetto esterno” – gli intervistatori – appare come l’occasione per ingaggiare un confronto aperto attorno alla domanda: “ma nel quartiere il circolo a cosa serve davvero?”. Molti mantengono dubbi sull’utilizzo che si riuscirà davvero a fare dei risultati dell’indagine per ricostruire il PD romano. Ma l’impegno secondo cui la mappatura sarà restituita in modo pubblico e aperto, viene percepito come garanzia dell’equilibrio del lavoro e del fatto che tutti potranno interpretarla secondo i propri schemi.
Una cosa appare chiara. Nell’incertezza non solo italiana su come adattare la forma partito a una società in profondo cambiamento, e nella consapevolezza che guadagna adepti ogni giorno che il Pd ha bisogno di ridefinire il ruolo degli iscritti e la sua organizzazione territoriale, ogni collettivo dà e interpreta una risposta diversa. Per ricostruire il partito di Roma – e non solo – è necessario che queste risposte vengano alla luce e si confrontino in un rapporto a rete che è mancato in questi anni, mentre dominava l’uso pletorico degli organi assembleari. In questo confronto i peggiori saranno messi a repentaglio perché avranno difficoltà a reggere il confronto sul merito.

Il “partito buono” e il “partito cattivo”

Ma quanto “partito buono” e “partito cattivo” abbiamo sinora scoperto? È una domanda a cui non è possibile rispondere fino a che non avremo intervistato l’ultimo circolo e riletto l’insieme dei risultati: “nulla è chiaro finché non è tutto chiaro”.

Il motivo è semplice. Nel documento di avvio del lavoro abbiamo definito “buono” e “cattivo” in base a cinque caratteri: ospitale o autoreferenziale; che lotta o che traffica per gli interessi dei cittadini; che controlla/stimola o copre gli amministratori pubblici; che mette in una casa di vetro i candidati o li “vende senza garanzia”; che interpreta nei territori le scelte nazionali o ne “chiacchiera”. Bene. Come era prevedibile, nella realtà dei fatti questi caratteri si mescolano con gradi e forme diverse, dando vita a molte tipologie: ogni intervista aggiunge informazioni indispensabili per capire questi tipi, per evitare l’errore di facili catalogazioni. E’ poi emersa la necessità di arricchire i caratteri con due tratti: esiste o non esiste un’organizzazione? (Sì, perché in alcuni casi non esiste). E, se esiste, si tratta di un’organizzazione adeguata ai tempi?

Certo, si vanno delineando, a un estremo, i tratti di un partito non solo cattivo ma pericoloso e dannoso: dove non c’è trasparenza e neppure attività, che “lavora per gli eletti” anziche’ per i cittadini e dove traspaiono deformazioni clientelari e una presenza massiccia di “carne da cannone da tesseramento”. Ma bisogna essere attenti a distinguerlo dal partito che subisce inane lo scontro correntizio, le scorribande dei capibastone, e che svolge un’attività territoriale, ma senza alcuna capacità di raggruppare e rappresentare la società del proprio quartiere.

Certo, si trovano, all’altro estremo, i segni di un partito davvero buono, che esprime progettualità, capacità di raggruppamento e rappresentanza, che ha percezione della propria responsabilità territoriale, sa agire con e sulle istituzioni, è aperto e interessante per le realtà associative del territorio e sa essere esso stesso associazione (inventando forme originali di intervento), informando cittadini, iscritti e simpatizzanti. Al contempo bisogna essere attenti a distinguerlo dal partito che lavora sodo e ha quegli obiettivi, ma a cui manca il metodo moderno per farcela, una tipologia difficile da valutare e che, per il peso delle correnti e di una logica generale di assoggettamento del partito agli eletti, ad alcuni potrebbe addirittura apparire come un “partito cattivo”.

E poi emerge una sorta di partito dormiente, dove si intravedono le potenzialità e le risorse per ben lavorare, e dove il peso di eletti e correnti è sfumato, ma che si è chiuso nell’autorefenzialità di una comunità a sé stante, poco aperta all’innovazione organizzativa, al ricambio, al resto del territorio. E qui l’analisi dei risultati che stiamo trovando dovrà essere ancor più attenta. Se infatti il partito romano che questa indagine può aiutare a costruire nascerà dalla messa in rete e, quando opportuno, dall’accorpamento delle realtà che “hanno qualcosa di utile da mettere in campo”, si dovrà essere attenti a dare forza e voce e strumenti di rete a ogni risorsa che possa contribuire al cambiamento. Ma senza imbarcare tutto.

Qualche esempio, ancora

I sintomi del “buono” e del “cattivo” spesso si nascondono nelle pieghe del confronto. Può accadere, ad esempio, che un circolo stia impiegando metodi innovativi ma che non ne abbia piena consapevolezza, vittima di un racconto distorto di quel che è “fare politica”. Viceversa, un partito consapevolmente in malafede può simulare, immaginando di sapere come sia opportuno apparire. Ed è lì che ci si può imbattere in direttivi improvvisati, bacheche appese all’ultimo minuto o locandine seriali create per l’occasione.

Situazioni a dir poco particolari si possono fotografare già in occasione della prima telefonata di contatto: lì c’è infatti chi “provace a venì qui che poi vedemo”, chi “ho da fare fine a primavera”, ma anche chi … “finalmente ci avete chiamato!”.
Le vere sorprese arrivano però con gli incontri: dalle realtà da “200 tessere in due ore” a quei circoli talmente schiacciati sull’amministrazione (Municipio o Comune che sia), da esser orfani di un pensiero proprio, ben lungi dal ruolo di “pressione” che dovrebbe caratterizzare il lavoro del partito. E’ lì che la filiera degli eletti viene allora alla luce nei comportamenti remissivi di alcuni, in perfetto stile “burocrazia romana”. Magari convivendo nello stesso luogo con l’impegno convinto di altri iscritti, dove l’intenzione di ben lavorare è inequivocabile … perché “nonostante tutto, io non mi rassegno mica”.

E se in alcuni casi (pochi) si presentano gruppi a tal punto coesi (“un sol uomo”) da rendere più ardua la conoscenza dei fatti, in molti altri il confronto interno appare vivace. Si tratta allora di distinguere fra la discussione di merito, accesa e informata (su come “cambiare le cose”), e la disfida fra filiere correntizie. L’indagine in corso sta cercando di gettare luce anche su questo controverso confine.

Siamo partiti da alcune audizioni

Prima di partire abbiamo ascoltato gli ultimi tre segretari del Partito Democratico di Roma: Riccardo Milana, Marco Miccoli e Lionello Cosentino. Gli incontri hanno aiutato a ricostruire modalità, tempi e ragioni del collasso del Partito Democratico romano. Sono state discusse le fasi di questo lungo processo: la gestione della fusione fredda di Margherita e Democratici di Sinistra di Roma (dei gruppi dirigenti e delle realtà territoriali), la riorganizzazione del partito romano e l’impatto su di esso di vicende locali e nazionali, l’arresto progressivo delle funzioni di coordinamento centrale e il tentativo recente di riorganizzazione. Ci è servito per entrare nel ruolo.

Il gruppo di lavoro: volontariato e professionalità

Il gruppo di lavoro di Mappailpd (vedi Allegato 1) è stato formato in due fasi: dall’11 dicembre al 23 dicembre 2014 e nella seconda metà di gennaio. Con esclusione del gruppo di coordinamento, le risorse coinvolte nel progetto di mappatura sono tutte forze volontarie. Si tratta di esperti di risorse umane, organizzazione aziendale, urbanistica, comunicazione, coordinamento organizzativo, economia, ricerca sociale, statistica, geografia.

Il questionario da vicino

Il questionario è il principale strumento di rilevazione a disposizione di Mappailpd. E’ composto da 49 domande principali (e ulteriori domande secondarie e di “specifica”), suddivise in sei aree.

  1. vita del circolo: dimensione economica, di partecipazione, di apertura al pubblico e agli iscritti; andamento del tesseramento; composizione del coordinamento;
  2. attività politica generale: analisi quantitativa e qualitativa delle iniziative svolte nel biennio 2013/2014 su temi territoriali, nazionali e internazionale; collaborazione con altri circoli territoriali e associazioni locali;
  3. elezioni e congresso: analisi del voto delle comunali del 2013 e delle iniziative elettorali; analisi del Congresso cittadino;
  4. lavoro nel territorio e progetti: le attività progettuali rivolte in modo specifico a migliorare la qualità di vita del territorio;
  5. rapporto con l’amministrazione pubblica: analisi delle modalità attraverso le quali il partito territoriale raccoglie, elabora e “restituisce” alle amministrazione le domande dei cittadini;
  6. domande aperte: spazio “semi-aperto” di discussione sul partito.

Nella conduzione delle interviste i gruppi di intervista si avvalgono di una Scheda-circolo prepreparata che contiene informazioni quantitative e qualitative (cfr Allegato 2).

Ma cosa sono le aree-circolo?

La stessa ragione d’essere del “partito del territorio” sta nella missione di raggruppare e rappresentare i cittadini del territorio attorno ai propri valori e alla propria visione di cambiamento possibile, non solo del paese ma del “luogo” in cui il partito del territorio opera. E’ un compito da realizzare ogni giorno, nella vita quotidiana, per far pesare i cittadini sulle decisioni pubbliche. E poi, su questa base, da attuare al momento del voto per convincere i gruppi rappresentati a dare al partito il consenso elettorale.

Non a caso, dunque, ogni circolo territoriale del PD ha fra i suoi compiti la “responsabilità elettorale” di un certo numero di “sezioni elettorali”, alle quali corrispondono liste di cittadini che vivono in determinate strade (o porzioni di strada) della città. Quindi ogni circolo territoriale del PD ha la responsabilità anche formale di una porzione di territorio, secondo le attribuzioni individuate anni fa dalla Federazione romana. Per comprendere quello che un circolo fa davvero e come, è dunque necessario capire se e come si cala in questo territorio. Se questa responsabilità non è avvertita, se i confini del “territorio di responsabilità” sono confusi o limitati rispetto all’incarico, è già questo un segno del venir meno della funzione del partito territoriale. Così come una responsabilità che appaia debordare dai confini segnati dall’incarico ricevuto indica problemi nel disegno cittadino del partito.

Ogni ricostruzione del PD e ogni ridisegno della sua mappa deve dunque passare per questa lettura territoriale, per un’eventuale ridefinizione dei confini territoriali di responsabilità. Per queste ragioni, grande impegno è stato posto nell’approssimare al meglio delle informazioni disponibili le aree-circolo, ossia le aree di responsabilità elettorale e territoriale del circolo, così da rappresentarle in modo geo-referenziato sulla mappa di Roma e di potere ricostruire per ognuna di esse la base-dati del contesto demografico-sociale-economico-elettorale. Anche questa base-dati verrà rilasciata in formato aperto in primavera.

Nel Rapporto finale si darà conto in modo dettagliato di questo lavoro di ricostruzione, che ha dovuto accettare molte approssimazioni dovute al fatto che le perimetrazioni relative ai diversi dati disponibili (2600 sezioni elettorali; 12.000 sezioni censuarie, 155 zone urbanistiche, indirizzi stradali delle scuole) non hanno potuto sempre essere associate le une alle altre:

  • Da un lato si è partiti dall’attribuzione a ogni circolo territoriale di un elenco di sezioni elettorali (correggendo alcune incongruenze trovate).
  • Dall’altro si è fatto riferimento alle zone urbanistiche, che sono una ripartizione dei municipi di Roma Capitale, a fini statistici e di pianificazione e gestione del territorio, secondo criteri di omogeneità dal punto di vista urbanistico, i cui confini sono individuati lungo le soluzioni di continuità più o meno marcate nel tessuto urbano. (si veda la Deliberazione del Consiglio Comunale n. 2982 del 29-30 luglio 1977, “Suddivisione del territorio comunale in zone urbanistiche di riferimento”).
  • A ognuna di queste zone è possibile attribuire sia un elenco di sezioni censuarie, sia un elenco di scuole.
  • Per ogni circolo, si è quindi determinata un’associazione di massima delle zone urbanistiche (dotate di confini georeferenziati) all’insieme delle sezioni elettorali “rappresentate” da quel circolo, determinando in tal modo l’area-circolo. In taluni casi un’area circolo è composta da più zone-urbanistiche. In altri casi una zona urbanistica è ripartita fra più aree-circolo: in questo secondo caso la mappa delle aree-circolo è comunque fedele (nei limiti dell’approssimazione possibile) alla rappresentanza elettorale.

Allegato 1 – Membri del Gruppo di lavoro
Allegato 2 – Scheda preparatoria per intervista

Materiali per una mappa che ci aiuti a trovare la strada giusta (su mandato del Commissario del PD di Roma)

1. Ipotesi di lavoro

I gravi fatti di collusione fra amministrazione, partiti e criminalità venuti alla luce a Roma e che coinvolgono il Partito Democratico hanno natura fisiologica, prima che patologica.
Essi derivano infatti da due fenomeni concomitanti di lungo periodo:

  1. L’accumularsi di errori nell’azione pubblica di governo della città, specie in quella che avrebbe dovuto assicurare inclusione sociale ai suoi cittadini più vulnerabili (servizi essenziali di urbanizzazione, di sicurezza, abitativi, di cura degli anziani e dell’infanzia, etc).
  2. La progressiva trasformazione del partito in una “macchina per il bilanciamento del potere” priva di riferimento a una visione della città e a un progetto politico e mescolata in forme spesso improprie con l’amministrazione (municipale e comunale).

Sul piano del governo della città, strumenti e regole che in una fase iniziale, nei primi anni ‘90 – in presenza di forte tensione culturale, monitoraggio pubblico e partecipazione politica dei cittadini – avevano prodotto esiti importanti (come l’urbanizzazione primaria delle nuove periferie) si sono successivamente rivelati fragili o addirittura carichi di effetti perversi. Fino al loro uso degenerato dopo il 2008.

Nello stesso periodo la politica locale andava degradando. La nascita del PD non è stata l’occasione per rinnovare la visione di Roma attraverso un confronto di posizioni, ma una tregua armata, talora un compromesso spartitorio, fra gruppi diversi. Si è così tollerato che il partito divenisse strumento di cordate per la scalata al potere: un partito in franchising o feudale, in cui la “casa”, il “simbolo”, il “circolo”, sono presi a prestito per catturare le decisioni pubbliche in cambio voti e favori. A questa piega ha concorso la cinica presa d’atto che “così va il mondo”, che la pace sociale della città o la fornitura di servizi o la realizzazione di infrastrutture richiedessero, stante l’inefficienza pubblica, tolleranza verso nomine non meritocratiche, palesi abusi della concorrenza (nell’assegnazione di lavori o nel trasferimento di pubblici fondi) o addirittura le degenerazioni e le illegalità di cui si aveva sospetto, anche se non se ne era beneficiari. Assai negativamente ha pesato, infine, l’uso strumentale di Roma e della sua visibilità da parte di filiere di potere nazionali.

Il risultato di questa interazione fra indebolimento dell’azione pubblica e perdita di visione e autonomia dei soggetti politici è stato un sistematico rapporto perverso tra amministrazione e partito. Il partito non serviva più a raccogliere e traghettare fabbisogni, idee e possibili soluzioni dalla comunità di iscritti e cittadini agli amministratori, a tenere gli amministratori sotto controllo; il partito serviva ora a stabilire rapporti privilegiati e chiusi con gli amministratori.

È in questo schema che si sono formate diffuse posizioni di rendita e si è poi incuneato il crimine. Per quanto riguarda il governo pubblico, incarichi nell’amministrazione, in Consigli di amministrazione di società pubbliche, in consorzi o associazioni beneficiarie di commesse pubbliche sono avvenuti al di fuori di una logica di concorrenza sul merito e sono divenuti luogo dello scambio tra economia e politica, di arricchimento o affermazione personale senza riferimento al risultato. Per quanto riguarda il partito, sono venute meno la volontà e la capacità di comprendere e di connettersi con i fermenti innovativi della società romana, di costruire con loro una visione del futuro, di attrarli per rinnovarsi.

L’insieme di questi comportamenti ha relegato in un angolo, ha tolto credibilità davanti ai cittadini, ha spesso reso invisibile il lavoro di centinaia e centinaia di iscritti e volontari che nel PD continuavano e continuano a credere come comunione di valori e di impegno per cambiare in meglio le cose. E’ proprio questo lavoro, svolto nella fiducia che il “cambiamento” non possa tardare, che nell’ultimo voto cittadino ha introdotto importanti elementi di rinnovamento nella guida dei Municipi e del Comune, erigendo una difesa contro la deriva clientelare e affaristica. Ma la dominanza del partito feudale, il tempo che le sue pratiche sottraggono all’impegno nella società, le distorsioni che esso produce, impediscono che questo lavoro prosegua e lieviti al di fuori delle scadenze elettorali. Impediscono che i progetti di cambiamento facciano rete, maturino nel metodo, divengano prototipi del nuovo.

2. Guardare in faccia i problemi

Da questa ipotesi di lavoro discende una conseguenza per tutti noi che il partito vogliamo cambiarlo. Rimuovere dal Partito Democratico le “mele marce” senza costruire un metodo di lavoro del partito e una sua visione sul futuro e sul governo della città e dei municipi si rivelerebbe atto di corto respiro, destinato a essere presto seguito – nella consueta sorpresa generale – da una recrudescenza dei fenomeni degenerativi.

All’indispensabile azzeramento delle iscrizioni a cui non corrispondano motivazioni congrue con gli obiettivi del partito stesso e quella “partecipazione attiva” prevista dallo Statuto (art 2, comma 7) – intervento che spetta alla struttura straordinaria designata dagli organi nazionali – è indispensabile che si affianchi allora una riflessione coraggiosa sulla missione del partito, sulla sua organizzazione, sui suoi raccordi con la società e con il governo della città. Bisogna chiedersi in che modo costruire un’organizzazione aperta, che elabori idee in collaborazione e dialogo con la società, che le porti in maniera trasparente ai livelli decisionali, che controlli l’attuazione e contribuisca alla sua valutazione. E che, in tutto questo, sia capace di far emergere una classe dirigente rinnovata. Un partito moderno, insomma.

Per gettare le basi di tutto questo, per trovare la strada giusta, per apprendere e ripartire dalle esperienze migliori nascoste nel partito dei circoli, è necessaria una “mappatura” dei punti forza e di debolezza, del buono e del cattivo, dei singoli circoli della città. E serve che questa mappatura tenga conto delle regole e della prassi dell’azione pubblica con cui il PD è andato interagendo. E che i suoi esiti siano subito resi pubblici in formato di open data.
E’ questo il compito che il Commissario del PD romano ha affidato a Luoghi Idea(li).

3. Finalità della mappatura: partito buono e partito cattivo

L’indagine sui circoli del Pd deve rispondere alla domanda che molti, dentro e fuori il PD, oggi si pongono: è ricostruibile un partito utile ai cittadini? Ci sono davvero punti di forza da cui ripartire? E come? Il partito degenerato è battibile? E come? Ma è davvero utile investire ancora in un partito? Nel PD?

L’indagine rappresenta una “mappatura” perché è geo-referenziata. I problemi della città, i suoi malanni, le sue possibilità di uscita dall’attuale situazione, i lampi di innovazione, hanno il nome di strade, palazzi e quartieri, hanno confini segnati da ferrovie, marciapiedi, percorsi, sopraelevate, reti e dalla distanza dei cittadini dai servizi essenziali. E dunque per capire davvero qualcosa bisogna sovrapporre la mappa dei circoli – dei loro iscritti, anomali o normali che siano, del loro raggio di azione, partecipativa o corruttiva che sia – con la mappa della città vera, dei cittadini, dei loro servizi e disservizi. Lo faremo tenendo conto dei confini per i quali è disponibile informazione statistica: “territorio dei circoli” – la nostra unità minima di rilevazione – sezioni elettorali, sezioni censuarie, Municipi.

Mappa il Pd

La mappatura deve fare emergere, circolo per circolo, e con un’attenzione massima ai quartieri disagiati e di emarginazione della città, due caratteristiche che possono convivere sotto lo stesso tetto:

  1. la capacità di comprendere e rappresentare i fabbisogni, specie della parte più vulnerabile della città; di attrarre giovani e competenze; di adottare metodi nuovi di partecipazione e collegamento con l’associazionismo onesto che sta fuori del partito; di costruire soluzioni da proporre a chi esercita funzioni di governo (Municipi, in primo luogo); di monitorare e sollecitare in modo autonomo l’azione pubblica;
  2. la distanza dai cittadini e dai loro fabbisogni; la sovrapposizione di ruoli fra partito e amministrazione (Municipi, in primo luogo); la cattura da parte di interessi esterni; l’arte perversa di costruire feudi per controllare aree della politica pubblica; o anche solo la rinunzia a un ruolo autonomo da chi governa; o la ripetizione di riti stanchi, autoreferenziali, non ospitali.

Faremo quindi riferimento a due modelli di partito, che per semplicità chiamiamo “partito buono” e “partito cattivo”. Utilizzando le lezioni apprese nel progetto Luoghi Idea(li):  con i compagni e amici di Avellino, Cagliari, Catanzaro, Cesena, La Spezia, Milano, Parma, Roma stessa e “Sibaritide”, stilizziamo i “due partiti” secondo cinque caratteri che si prestano a essere misurati guardando ai fatti:

  • Il partito è ospitale o autoreferenziale? E’ buono se prova a farsi usare dai cittadini (singoli o associati), specie da quelli più vulnerabili o innovativi, come strumento per rappresentare e discutere i loro bisogni e le loro idee sull’azione pubblica e cercare una “quadra” fra interessi legittimi in conflitto. E’ cattivo se non lo fa, e anzi si muove solo quando si tratta di costruire e negoziare candidature o di rievocare nostalgicamente il passato.
  • Il partito lotta o “traffica” per gli interessi dei cittadini? È buono se si organizza in modo efficace e impiega la propria forza per mobilitare i cittadini e migliorare la qualità di vita nel territorio, sia con azioni dirette (di servizio), sia influenzando l’azione pubblica (dei Municipi e del Comune). È cattivo se non lo fa, e anzi collude con chi governa per tutelare interessi particolari, utilizzando i bisogni di singoli per costruire clientela.
  • Il partito controlla e stimola gli eletti e gli amministratori o li “copre”? È buono se ha la capacità e la volontà di monitorare, tenere sotto controllo, incalzare in modo trasparente e aperto l’azione pubblica degli eletti nel Municipio e nel Comune e degli amministratori. È cattivo se non lo fa, e anzi crea diversivi per nascondere o concorrere a realizzare errori/distorsioni dell’azione pubblica.
  • Il partito mette i propri candidati in una casa di vetro o li “vende senza garanzia”? È buono se fa di tutto affinché gli elettori siano informati su cosa ogni suo candidato abbia fatto nella vita per meritarsi il voto.È cattivo se non lo fa, e anzi lascia che gli elettori siano confusi e distorti dal rumore di costose campagne personali prive di impegni verificabili.
  • Il partito interpreta nel territorio battaglie di cambiamento nazionali ed europee o “pesta l’acqua nel mortaio”? Il partito è buono se raccoglie, discute e contestualizza in ogni territorio programmi/idee/campagne nazionali ed europee trasformando ogni suo circolo in un luogo di sperimentazione di un cambiamento corale (della scuola, del lavoro, dell’ambiente, etc.). Il partito ècattivo se non lo fa, e al massimo replica a livello territoriale il confronto nazionale delle idee senza attenzione ai fatti e alle persone del territorio.

È ben evidente che in una grande associazione-partito tutto si tiene. E che è difficile essere “partito buono” in ogni singolo circolo se questo non è il modello prevalente. Ma non ci sono più alibi. Nessuno di noi ha più alibi. E’ infatti anche vero che il “partito buono” non si affermerà mai se non si crea una massa critica di circoli che inizi a praticarlo. Il rinnovamento nasce attraverso un processo complesso che muove a un tempo dal basso e dall’alto. E dunque ha ben senso ricercare nei circoli di una grande città, addirittura della capitale del paese, l’esistenza di quei caratteri. Per non mortificare ancora una volta chi nonostante tutto ha ben lavorato. Per ripartire senza ricominciare da capo.

Sulla base della mappatura condotta alla ricerca di quei caratteri sarà allora possibile tentare una risposta alle seguenti domande:

  1. Quale è il grado di diffusione del partito buono e cattivo?
  2. Nella mappa della città che relazione c’è fra partito buono/cattivo e grado di esclusione sociale? (Insomma: nei quartieri dove l’esclusione sociale è più forte quale partito prevale?)
  3. Quali altre caratteristiche si osservano in modo sistematico nella presenza del partito buono e cattivo?
  4. Quali sono le forze e le motivazioni che portano alla confusione, al mescolamento di partito e amministrazione (Municipio, Comune)?
  5. Perché il partito non riesce a collegarsi, a rappresentare, le istanze creative o i bisogni nuovi della società romana?
  6. Quali fattori legati alla politica pubblica (norme, regolamenti, modi di attuazione, ruolo e organizzazione dei Municipi) sembrano favorire il partito cattivo? Idee per cambiarli?
  7. Quali regole o prassi di funzionamento del partito sembrano favorire il partito cattivo? Idee per cambiarle?
  8. Come ha pesato e pesa in tutto ciò la specialità di Roma come sede e arena di prova della classe dirigente nazionale? Quale azione politica cittadina, nazionale o europea può dare forza ai pezzi di partito buono, metterli in rete, farli agire come prototipo di rinnovamento?

4. Le informazioni e la rilevazione circolo per circolo

La mappatura partirà dalla costruzione di una base-dati quantitativa relativa ai circoli del PD e allo stato economico-sociale dei territori della città. Per quanto riguarda i circoli PD, il Commissario metterà a disposizione dell’indagine i dati relativi al tesseramento degli ultimi anni e quelli sui risultati delle primarie, dei congressi e delle diverse elezioni dell’ultimo triennio. Saranno anche messe a disposizione le informazioni sui tesserati fornite all’atto di iscrizione. Per quanto riguarda lo stato socio-economico dei territori della città, si utilizzeranno tutte le informazioni disponibili di fonte censuaria e amministrativa.

Larga parte delle informazioni necessarie deriverà da interviste circolo per circolo. È dunque in corso la predisposizione di una traccia di intervista che in modo sistematico consentirà di costruire indicatori che misurino il grado di diffusione dei due modelli stilizzati di partito. Associando questi indicatori alle informazioni quantitative sarà possibile tentare una risposta alle domande prima formulate.

Le interviste saranno condotte – se i dati su iscritti, primarie ed elezioni saranno stati resi disponibili – dalla terza decade di gennaio da quattro-cinque squadre di intervistatori. Ogni intervista avrà luogo con coordinatore e coordinamento di ogni circolo territoriale (oltre 100) e di almeno una parte dei circoli aziendali (circa 50). Gli incontri si svolgeranno nella sede dei circoli territoriali, ovvero nella sede che il Commissario metterà a disposizione del gruppo di ricerca.

5. Organizzazione e tempistica

Il progetto è coordinato da Mattia Diletti, Liliana Grasso e Silvia Zingaropoli con l’assistenza di Michela Di Vito e con la supervisione di Fabrizio Barca. Anche Fulvio Lorefice, Federica Marcelli e Patrizia Piergentili del team Luoghi Idea(li) guideranno alcuni gruppi di intervista, mentre Lucio Colavero lavorerà alla rappresentazione geo-referenziata della mappatura. All’indagine prenderanno parte numerosi esperti-volontari, fra cui Roberta Biasillo, Camilla Calviello, Filippo Celata, Raffaella Coletti, Simona De Rosa, Daniela Ferrazza, Silvia Lucciarini, Fabrizio Mazzonna, Antonella Rondinone, Venere Stefania Sanna, Rossella Sibilio, Andrea Simone, Federico Tomassi e Cary Yungmee Hendrickson, con riguardo ai profili urbanistico, economico, sociologico, statistico, politologico, informatico. Inoltre, ad alcune interviste parteciperanno i responsabili del PD dei luoghi nazionali coinvolti nel progetto Luoghi Idea(li), con il fine di portare la conoscenza del PD romano dentro il corpo di altri PD d’Italia, oltre la vulgata comunicativa, e di aprire le finestre del partito romano ad altre esperienze. Il PD nazionale finanzierà i costi della rilevazione.

Al fine di valutare i progressi compiuti nel corso del lavoro, confrontare criticità e ricevere suggerimenti per aggiustare il tiro, il progetto interagirà con il Commissario Matteo Orfini e con un “Gruppo di discussione indipendente” che dibatterà i risultati preliminari, intermedi/provvisori e finali del progetto.

Per quanto riguarda la tabella di marcia del progetto, questi sono gli obiettivi:
Entro metà gennaio 2015: Predisposizioni della base-dati, test e chiusura della traccia di intervista, piano delle interviste.

  • Terza decade di gennaio 2015: Avvio interviste nei circoli.
  • Entro fine febbraio 2015: Sulla base di un primo blocco di interviste, rilascio al Commissario di una sintetica “Relazione preliminare”.
  • Entro fine aprile/inizio maggio 2015: A interviste terminate, rilascio al Commissario di una “Relazione provvisoria”.
  • Entro fine maggio 2015: Pubblicazione del “Rapporto finale” e pubblicazione in open data di tutte le informazioni raccolte.

Durante il lavoro di intervista verrà fornita in modo continuativo, sui siti di Luoghi Idea(li) e del PD romano, un’informazione geo-referenziata sul grado di avanzamento delle interviste. Il progetto è anche su Twitter, con l’account @MappailPD.

Fabrizio Barca ed il Team dei Luoghi Idea(li)
26 dicembre 2014